martedì 3 luglio 2007

Fiori, fiori, fiori...

Subito dopo un post critico e pessimista come il precedente ci riprendiamo alla grande facendo pubblicità ad una community che anche i più scettici e tradizionalisti apprezzeranno. Si tratta di Anobii, un luogo dove si discute di libri. Si proprio quelli cartacei quelli che ti piace sfogliare e annusare. Esistono ancora e per fortuna il web 2.0 non li ha dimenticati. Anobii mi è piaciuto molto: ognuno può creare la propria libreria virtuale nella quale inserisce i titoli dei libri che ha letto o possiede, può commentare e votare i libri e può partecipare ad interessanti gruppi di discussione. Inoltre si può comunicare con gli altri utenti con lo scopo di vendere e scambiare i propri volumi.
Buona lettura.

Against 2.0, against yourself

Come ho già detto in questo blog non si discute di web 2.0 solo in termini entusiastici. Ci piace vedere "i rovesci" della medaglia. A tal proposito consiglio a tutti di dare un'occhiata a questo documento, un vero è proprio manifesto contro il ruolo di protagonista, assoluto ed egoista, che l'utente ha assunto nel web 2.0. Il succo della questione si potrebbe esprimere così: internet è diventato un palco dove tutti sono attori, ma mancano gli spettatori.
Mi piace commentare e sottolineare alcuni passi:

..."Now, empowered by Web 2.0’s digital technology, anyone with a personal computer and broadband Internet access can, theoretically, become a writer, a movie maker, a musician. Our inner creativity has indeed been liberated from censorious editors, publishers and agents."...
We can all now broadcast ourselves—irrespective of whether we have talent, irrespective of our training, creativity or intelligence."
Tutti vogliamo fare ciò che non sappiamo fare. Basta solo una tecnologia per creare un talento? No ovviamente.

"In a “personalized” media world of 70 million bloggers authoring 1.5 million blogs a day, we are too busy broadcasting our opinion to have anything to say to one another.".."The consequence—unintended or otherwise—of [this] “participatory” media revolution is a culture of digital narcissicism in which our most meaningful cultural references become ourselves."
Ognuno è impegnato a scrivere, raccontare, pubblicare, mostrare solo ciò che lo riguarda. Paradossalmente le tecnologie fondate sulla partecipazione e sulla condivisione rischiano di rendere gli individui più "informativamente" isolati di prima?

Everywhere we look on the Internet, all we will see is ourselves: our own blogs, our own Wikipedia entries about ourselves, our own movies and music. This fragmented, individualized outcome of the social software revolution is the reverse of the nightmare in George Orwell’s dystopian Nineteen Eighty-Four. Big Brother in the early 21st century, I am afraid, is turning out to be ourselves."
Bello questo concetto del Grande Fratello al contrario. Noi stessi ci schiavizziamo: nel senso che è il nostro approccio egoistico all'informazione che ci rende ciechi.

"The big media engine of the Hollywood studios, the major record labels and publishing houses has discovered and branded great 20th century popular artists such as Alfred Hitchcock, Bono and W.G. Sebald. It is most unlikely that citizen media will have the marketing skills to discover and brand creative artists of equivalent prodigy."
E' più facile che un talento vengo scoperto da una "dittatoriale" major, piuttosto che emerga naturalmente da un blob (in relta intendo pattumiera) di contenuti quale ormai è la rete? Anche questo blog ne fa parte a pieno titolo.

Ognuno risponda come vuole a queste domande.